Rifiuti: da problema a risorsa

“Nei prossimi 15 anni nel mondo si arriverà a produrre oltre 6 miliardi di tonnellate di rifiuti all’anno, con spese di gestione che raggiungeranno i 400 miliardi di dollari e danni per l’ambiente. La via d’uscita? Gestioni corrette e recupero dei materiali.”

Secondo l’ultimo rapporto dell’International Solid Waste Association (l’associazione mondiale che riunisce gli operatori del settore trattamento e smaltimento rifiuti), attualmente nel mondo vengono prodotti circa 4 miliardi di tonnellate di rifiuti ogni anno. La metà è rappresentata da rifiuti urbani (quelli prodotti dalle famiglie), mentre l’altra metà riguarda i rifiuti cosiddetti speciali, provenienti cioè da attività industriali e produttive. Anche se non esistono stime univoche, complici la crescita della popolazione mondiale e lo sviluppo economico (oggi particolarmente accentuato nei cosiddetti paesi Bric, Brasile, Russia, India e Cina), nel giro dei prossimi 10-15 anni si potrebbe arrivare a un aumento di questa produzione anche del 50%; quindi oltre 6 miliardi di tonnellate.
La situazione appare del tutto preoccupante, soprattutto alla luce del fatto che, sempre secondo stime ISWA, circa la metà della popolazione mondiale (3,5 miliardi di persone), non ha accesso ai più elementari servizi di gestione rifiuti. Ragione per cui ogni anno montagne (letteralmente) di rifiuti vengono prodotte e abbandonate, con danni ambientali e sanitari spesso irreparabili.

I rifiuti urbani: una spesa ingente e un danno per l’ambiente
Secondo la Banca Mondiale, lo smaltimento dei rifiuti urbani attualmente costa alle comunità circa 205 miliardi di dollari all’anno, una cifra che, sempre nel giro di 10-15 anni, potrebbe addirittura raddoppiare. Già da ora la gestione dei rifiuti è una delle voci di costo più pesanti nei bilanci delle amministrazioni pubbliche e continua a crescere con l’aumentare della popolazione. L’aumento maggiore si è avuto in Cina, dove la produzione di rifiuti ha superato gli Stati Uniti già dal 2004. La produzione di RSU aumenta anche in Asia orientale, nell’Europa dell’est e nel Medio Oriente. Inoltre, occorre valutare l’aspetto ambientale: secondo l’indagine i rifiuti solidi urbani rappresentano il 12% delle emissioni mondiali di metano e il 5% della produzione totale di gas serra.

La soluzione? Una corretta gestione dei rifiuti e il loro recupero
L’appello ai grandi agglomerati urbani del mondo, dunque, è scontato: occorre correre ai ripari, secondo la Banca Mondiale, con seri piani di riduzione, riciclo e recupero dei rifiuti, favorendo la raccolta differenziata e facendo pagare tariffe molto più alte a chi non la adotta. In questo l’Europa ha cominciato da qualche anno a premere sugli stati membri attraverso la direttiva sui rifiuti del 2008.
I risultati cominciano a vedersi soprattutto in paesi già citati come Germania e regione scandinava, che vantano percentuali elevate di riciclo, impianti moderni e diffusi capillarmente sul territorio e minore ricorso alle discariche, attraverso severe regole di disincentivo e controllo.

Le economie in crisi e il ricorso alle discariche
L’incremento della produzione globale dei rifiuti fa sì che, in quelle nazioni in cui lo sviluppo di impianti e tecnologie è in ritardo, i costi di smaltimento diventino più alti. E i paesi poco sviluppati diventano inevitabilmente la destinazione ultima dei rifiuti, soprattutto speciali e pericolosi, per il loro uso massiccio delle discariche, soluzione più economica ma molto impattante per l’ambiente. In Europa, nei paesi più virtuosi come Svezia, Danimarca o Norvegia le tariffe per questo tipo di trattamento possono arrivare anche a 180 o 230 euro a tonnellata. La Germania, addirittura, le ha vietate. Nazioni come il Portogallo, l’Irlanda o la Spagna, paesi oggi in forte crisi, offrono invece condizioni molto più vantaggiose. Ancora, sul tema dei rifiuti elettrici ed elettronici (i cosiddetti RAEE), gli ultimi dati indicano l’Africa come la pattumiera del mondo: secondo uno studio dell’UNEP (il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite), solo nel 2009 dall’Italia e dall’Europa in generale sono arrivate nei paesi dell’Africa occidentale 220mila tonnellate di prodotti elettrici ed elettronici. Componenti che, se non trattate, sono altamente inquinanti e pericolose per l’ambiente. L’obiettivo dell’ONU è proprio quello di avviare la filiera del recupero dei RAEE in Africa, che potrebbe rappresentare una notevole opportunità economica.

Le ecomafie: una piaga da combattere
La via dello smaltimento illegale, soprattutto per quanto riguarda i rifiuti industriali, continua a essere una delle più battute, in tutto il mondo. Una triste realtà, che coinvolge anche l’Italia: secondo Legambiente, nel nostro paese solo nel 2010 è stato sequestrato qualcosa come 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi, gestiti illegalmente dalle cosche mafiose. Le rotte dei traffici coinvolgono quasi tutte le regioni e si proiettano su scala mondiale, in 22 stati esteri. E i flussi non sono più unidirezionali né riguardano solo rifiuti del meridione che vanno verso settentrione: i traffici seguono rotte circolari e bidirezionali, dunque anche dal sud al nord Europa.

Europa a due velocità
Venendo nello specifico all’Europa, se si considerano le modalità attraverso cui i diversi paesi gestiscono il ciclo rifiuti, è possibile individuare nettamente due categorie. Da un lato i paesi non virtuosi, caratterizzati da carenza di impianti di trattamento specifici (ad esempio termovalorizzatori, impianti di compostaggio, trattamento fanghi, ecc.), basse percentuali di raccolta differenziata e, conseguentemente, alto ricorso al conferimento in discarica. Fra questi vi sono soprattutto i paesi dell’Europa orientale e meridionale (ad esempio Bulgaria, Repubblica Ceca, Grecia). Dall’altro lato vi sono invece i paesi più virtuosi, dove grazie ad una robusta dotazione impiantistica e a politiche di forte incentivazione della riduzione rifiuti e del riciclo materiali si è fortemente ridotto, o addirittura azzerato l’uso delle discariche. In questa categoria rientrano praticamente tutti i paesi centro-settentrionali del Vecchio Continente (Svizzera, Germania, Austria, Olanda, Svezia, ecc.). L’Italia in questo panorama sta nel mezzo, con ancora il 46% dei rifiuti urbani (contro un 38% medio dell’Ue a 27, fonte ISPRA), conferiti in discarica e una percentuale di raccolta differenziata molto diversa da regione a regione, ma complessivamente ancora molto bassa 35,3% (fonte ISPRA 2012).
Uno dei motivi del ritardo italiano sta nella scarsità di presenza di impianti di trattamento e smaltimento. Prendiamo il caso degli impianti di termovalorizzazione, grazie ai quali è possibile recuperare dai rifiuti importanti quantitativi di energia termica ed elettrica in parte rinnovabile. In Italia sono 49 e dovrebbero coprire il fabbisogno di 60 milioni di abitanti. In Francia ce ne sono 130 per 65 milioni, in Danimarca 31 per 7 milioni di abitanti. In Germania ce ne sono “solo” 70, ma con un potenziale di valorizzazione pari al quadruplo delle tonnellate del nostro sistema. (fonte CEWEP).

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