Che cos’è la COP26?

Per quasi tre decenni le Nazioni Unite hanno riunito quasi tutti i paesi della terra per i vertici globali sul clima – chiamati COP – che stanno per “Conferenza delle parti”.

Dalla prima conferenza tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, i cambiamenti climatici sono passati dall’essere una questione marginale a diventare una priorità globale.

L’obiettivo delle COP è sempre stato quello di giungere a un accordo comune tra le nazioni su come affrontare la crisi climatica, ponendo degli obiettivi e perseguendoli insieme. 

Nel 2021, i leader mondiali arrivano in Scozia insieme a decine di migliaia di negoziatori, rappresentanti di governo, imprese e cittadini per due settimane di colloqui.
 

Gli eventi meteo estremi saranno la normalità

L’annuale conferenza si è aperta allo Scottish Event Campus di Glasgow. I numeri da cui partire sono quelli diffusi dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) e cioè che gli ultimi sette anni sono stati i più caldi da quando ci sono rilevazioni scientifiche della temperatura, e anche il 2021 si piazzerà fra il quinto e il settimo posto della classifica. 

Il livello degli oceani ha cominciato ad alzarsi più velocemente a partire dal 2013 e gli eventi meteorologici estremi “sono la nuova normalità”, è stato il commento del segretario generale della Wmo, Petteri Talaas, presentando il rapporto “State of the Global Climate 2021”
 

Glasgow è l’opportunità per aggiornare i propri piani

Il decennio da qui al 2030 è cruciale. Gli impegni che i paesi prenderanno a Glasgow dovranno andare molto oltre rispetto a quelli intrapresi cinque anni fa. 

Tutti sono d’accordo nel riconoscere che gli impegni (vincolanti) presi a Parigi non si stanno materializzando e nella corsa per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, siamo già a +1,1

Occorre quindi agire subito: è questo l’appello dei capi di governo. Ma in che modo? Perché sono sufficienti le prime ore del summit per capire che la strada da scegliere per arrivare a ridurre le emissioni sarà difficilmente la stessa per tutti i paesi del mondo. 
 

Stati Uniti e Gran Bretagna guidano la transizione

L’umanità ha esaurito il tempo: resta un minuto prima della mezzanotte. Se non saremo seri, per i nostri figli sarà tardi”. All’apertura della conferenza, il premier britannico Boris Johnson rivolge parole d’azione su carboneautomobili e alberi

Il Regno Unito dà l’esempio e mette sul piatto 12,6 miliardi di sterline nei prossimi 5 anni per aiutare la transizione verso un’economia globale sostenibile.

Gli fa eco il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il quale ha chiesto scusa per le decisioni prese in passato dal suo predecessore Donald Trump e ha assicurato la presenza degli Stati Uniti nel rispettare gli accordi di Parigi.
 

Cina e India rimandano gli impegni

Per contro, l leader cinese Xi Jinping manda un messaggio scritto senza prendere nuovi impegni significativi nella lotta ai cambiamenti climatici e in contemporanea il portavoce del ministero degli esteri cinese Wang Wenbin critica gli Stati Uniti per l’inquinamento del passato: le loro emissioni storiche sono 8 volte quella della Cina.

Ma è soprattutto il premier indiano Nerendra Modì a gelare il forum: per il nazionalista l’India comincerà a ridurre le proprie emissioni a partire dal 2070.

A Glasgow è intervenuto anche il presidente del Consiglio Mario Draghi. “Un singolo Paese non può rispondere a questi problemi” è la posizione del presidente del consiglio italiano. “Quello che rende molto complicato il negoziato è che i Paesi hanno condizioni di partenza diverse tra loro”.

Rispondendo a una domanda sull’India, Draghi ha aggiunto: “Non credo si ottenga molto sul clima indicando i Paesi colpevoli e i Paesi innocenti, perché i colpevoli sono moltissimi e gli innocenti sono pochissimi“.
 

Una firma comune contro la deforestazione

Tra i tanti discorsi pronunciati, si intravedono i primi risultati concreti. Cento paesi firmano un’intesa per interrompere la deforestazione entro il 2030: tra questi anche Canada, Brasile, Indonesia, Congo e Russia che possiedono circa l’85% delle foreste mondiali. 

Ancora una volta è la Cina la grande assente. Mentre a Glasgow i leader mondiali sono alle prese con il global warming, il colosso orientale ha appena fatto sapere che ha aumentato la produzione giornaliera di carbone di oltre un milione di tonnellate negli sforzi per allentare la crisi energetica.